Misure adottate dalle banche centrali per mitigare le carenze di fondi in valuta estera

BIS Quarterly Review  | 
15 dicembre 2008

(pagine 15-17 del Quadro generale degli sviluppi, Rassegna trimestrale BRI, dicembre 2008)

I problemi di liquidità inizialmente circoscritti alle esigenze di finanziamento in dollari USA delle banche europee hanno assunto portata più generale nel settembre 2008. L'arresto dei mercati monetari nella seconda metà di settembre e agli inizi di ottobre ha reso estremamente difficile procurarsi fondi in dollari nei mercati sia non garantiti, sia garantiti. Le banche nei paesi emergenti, che fino ad allora non avevano particolarmente risentito delle tensioni nei mercati monetari in dollari, si sono parimenti ritrovati in situazione di scarsa liquidità. Questo problema, inoltre, non ha riguardato più soltanto il dollaro USA, andando a colpire anche istituzioni finanziarie con passività in valuta estera denominate in euro e franchi svizzeri.

Il propagarsi delle situazioni di carenza di fondi in divisa estera ha indotto le autorità monetarie ad adottare misure di vario tipo. Al fine di fornire fondi in valuta alle proprie controparti, una banca centrale ha a disposizione principalmente tre opzioni: smobilizzare le riserve valutarie ufficiali esistenti, indebitarsi in valuta sui mercati, ovvero mutuare fondi in valuta estera da un'altra banca centrale, inclusa quella di emissione1. Per tutte queste misure esistono precedenti, ma in occasione dell'attuale crisi finanziaria si è ricorso soprattutto alla prima e alla terza opzione2. L'indebitamento presso un'altra banca centrale sotto forma di accordi di swap o di prestito garantito, in particolare, potrebbe rappresentare la soluzione privilegiata laddove le riserve valutarie nella moneta richiesta siano insufficienti, oppure qualora non si vogliano intaccare le riserve ufficiali esistenti, o ancora nel caso in cui si tema che la vendita di attività di riserva meno liquide possa rafforzare le dinamiche negative del mercato. Inoltre, come dimostrano gli avvenimenti recenti, anche il desiderio di dar prova di spirito di cooperazione nella risoluzione dei problemi costituisce un forte incentivo per ricorrere a forme di accordo tra banche centrali piuttosto che - o in aggiunta - alle proprie riserve ufficiali.

Linee di swap e accordi di prestito garantito fra banche centrali

Di recente le linee di swap fra banche centrali (in particolare quelle con la Federal Reserve) hanno ricevuto molta attenzione3, e ciò non solo perché la crisi ha avuto origine nel mercato del dollaro, ma anche per l'aumento considerevole delle dimensioni e dell'ambito di utilizzo di tali operazioni nel corso dell'ultimo anno (cfr. la tabella). Fra dicembre 2007 e metà settembre 2008 solo la BCE e la Banca nazionale svizzera (BNS) avevano fatto uso, a complemento della Term Auction Facility della Federal Reserve, di linee di swap con quest'ultima per procurarsi fondi in dollari USA da destinare alle rispettive controparti. Queste due linee transatlantiche di swap erano state progressivamente ampliate per consentire di effettuare operazioni più ingenti. All'aumentare dell'intensità e della diffusione delle situazioni di carenza di dollari USA a metà settembre, gli accordi di swap con la Federal Reserve sono cresciuti in termini di numero (passando da due a 14 verso la fine di ottobre), fasce orarie e aree geografiche coperte (da uno a cinque continenti) e dimensioni. In particolare, a metà ottobre sono stati aboliti i massimali applicati a SNB, BCE, Bank of England e Bank of Japan, al fine di consentire loro di condurre aste a tasso fisso con aggiudicazione piena in dollari. È stata inoltre ampliata la gamma di operazioni di distribuzione di dollari offerte alle banche centrali partner, in termini sia di scadenze sia di tipologie. Alle scadenze a più lungo termine (uno e tre mesi) fino ad allora prevalenti sono state affiancate operazioni a una settimana e, per un certo periodo, addirittura overnight4, e ai pronti contro termine e ai prestiti garantiti sono andati ad aggiungersi swap in valuta.

Sono stati inoltre istituiti, anche se soprattutto a livello regionale, schemi per l'offerta di euro e franchi svizzeri. Nel maggio 2008 le banche centrali di Svezia, Norvegia e Danimarca hanno annunciato un accordo di swap con la banca centrale islandese per lo scambio di euro contro corone islandesi. Nell'ottobre 2008 la BCE e la BNS hanno aperto una linea di swap per facilitare la distribuzione di franchi svizzeri all'interno dell'area dell'euro, specie a favore di banche minori impossibilitate ad accedere alle operazioni di mercato della BNS. Lo stesso mese la BCE ha istituito uno schema di swap con la Danmarks Nationalbank per agevolarla nel tentativo di migliorare la liquidità nei mercati a breve termine in euro e ha acconsentito a fornire euro alla banca centrale dell'Ungheria mediante pronti contro termine. In novembre la BNS e la BCE hanno concluso accordi per fornire rispettivamente franchi svizzeri ed euro banca centrale della Polonia.

In vari casi questi accordi, sebbene annunciati pubblicamente, non sono stati utilizzati. Ciò fa ritenere che essi segnalassero più la volontà di premunirsi e di avere a disposizione misure di appoggio, che non l'esigenza immediata ed effettiva di sostegno finanziario esterno.

Smobilizzo delle riserve valutarie ufficiali esistenti

Al fine di mitigare le carenze di fondi in valuta estera le banche centrali hanno inoltre impiegato le riserve ufficiali. A partire dall'inizio della fase più acuta di turbolenza finanziaria a metà settembre, gran parte delle autorità monetarie dei principali mercati emergenti ha fatto ricorso alla vendita definitiva di riserve in valuta per contribuire a soddisfare la domanda di finanziamenti in moneta estera del mercato locale, nonché per allentare le pressioni sul tasso di cambio5. In aggiunta, alcune banche centrali (come quelle di Brasile e Filippine) hanno offerto alle rispettive controparti di utilizzare le riserve nel quadro di operazioni pronti contro termine. Oltre a questi metodi, sono state proposte operazioni di swap in valuta volte a offrire moneta estera alle controparti. Per le banche centrali (come quella australiana) che da tempo annoverano queste operazioni fra quelle ordinariamente condotte nel mercato monetario, si è trattato semplicemente di estendere le finalità di uno strumento già esistente. Alcune banche centrali (ad esempio quelle di Corea e Indonesia) hanno annunciato modifiche agli schemi di swap in vigore volte ad accrescere l'efficienza e la flessibilità della distribuzione di valuta estera (ad esempio ampliando la gamma di controparti ammesse o allungando le scadenze). Altre hanno invece creato nuovi schemi di swap (come Brasile, Cile e Polonia) o si sono dichiarate disposte a effettuare all'occorrenza operazioni di swap con le controparti (Hong Kong SAR). In aggiunta, alcune banche centrali (come quella ungherese) si sono offerte di assumere l'uno o l'altro ruolo nel quadro degli swap valutari, in modo da alleviare le preoccupazioni circa il merito di credito delle controparti.


1 Quest'ultima opzione potrebbe accompagnarsi in alcuni casi ad altre forme di assistenza finanziaria ufficiale, ad esempio dell'FMI.
2 Oltre a immettere liquidità in valuta estera, al fine di accrescere la disponibilità di fondi in valuta all'interno del sistema finanziario una banca centrale può mettere in atto anche altre misure, come la modifica del sistema della riserva obbligatoria.
3 Le linee di swap non costituiscono di per sé un nuovo strumento, benché tradizionalmente siano state utilizzate soprattutto a sostegno degli interventi sui mercati dei cambi e non per mitigare le difficoltà di finanziamento in moneta estera.
4 Le aste giornaliere overnight in dollari offerte da BCE, BNS e Bank of England tra metà settembre e metà novembre (metà ottobre per la BCE) 2008 miravano precisamente ad attenuare le carenze di dollari nella parte iniziale della giornata di contrattazione in Europa.
5 Di fronte alla ridotta disponibilità dei consueti canali di finanziamento in dollari (indebitamento in dollari e mercato degli swap valutari), molte imprese si sarebbero rivolte al mercato a pronti per acquistare dollari, inducendo così bruschi deprezzamenti delle rispettive monete.