L'attività di trading al dettaglio nei mercati dei cambi

(Riquadro pubblicato alle pagine 15-16 del capitolo "Anatomia del mercato internazionale dei cambi alla luce dell'Indagine triennale per il 2013", Rassegna trimestrale BRI, dicembre 2013)

Verso la fine degli anni novanta le contrattazioni valutarie erano appannaggio soprattutto di grandi imprese e di istituzioni finanziarie.Le banche addebitavano ai piccoli investitori al dettaglio costi di transazione proibitivi, considerando le loro operazioni troppo piccole per essere economicamente interessanti. Questa situazione è cambiata intorno al 2000, quando le piattaformedi contrattazione rivolte alla clientela al dettaglio (ad esempio FXCM e OANDA) hanno iniziato a offrire online agli investitori privati conti di brokeraggio a margine, utilizzando il flusso di prezzi quotati dalle banche principali e da EBS. Il modello operativo adottato da queste piattaforme consisteva nell'aggregazione di numerose operazioni di modesta entità e nel loro trasferimento al mercato inter-dealer. Grazie alla maggiore dimensione delle operazioni realizzata mediante l'aggregazione, i dealer erano disposti a fornire a questi "aggregatori" (retail aggregator) liquidità a prezzi interessanti.

Da allora le operazioni valutarie al dettaglio sono rapidamente aumentate.Le nuove serie disaggregate raccolte nell'Indagine triennale per il 2013 mostrano che tali operazioni rappresentavano il 3,5% del turnover complessivo e il 3,8% di quello nel segmento a pronti. In termini assoluti, i volumi al dettaglio più elevati si registrano negli Stati Uniti e in Giappone, ma è in quest'ultimo paese - dove il segmento in parola è molto attivo - che si registra un volume nettamente più elevato di operazioni a pronti al dettaglio (grafico A, diagramma di sinistra). Nell'aprile 2013 le transazioni al dettaglio in Giappone rappresentavano il 10% del turnover totale e il 19% di quello a pronti. I piccoli investitori si comportano diversamente dagli investitori istituzionali nel mercato dei cambi e tendono a operare direttamente su coppie valutarie relativamente illiquide piuttosto che utilizzare una valuta veicolo (grafico A, diagramma di destra)1 .

Le cifre relative alle operazioni al dettaglio riportate nell'Indagine triennale per il 2013 sono più basse rispetto al volume stimato da King e Rime (2010) in base alle indicazioni aneddotiche. Per come è concepita, l'Indagine triennale rileva solo le operazioni al dettaglio che fanno capo ai dealer sia direttamente, sia indirettamente attraverso gli aggregatori. Le operazioni compensate internamente ("internalizzate") dalle piattaforme non vengono registrate. Tuttavia, probabilmente ciò non costituisce un problema rilevante, poiché il margine di internalizzazione sulle piattaforme al dettaglio è limitato2. Si stanno inoltre facendo meno netti i confini del comparto al dettaglio: le modifiche al quadro regolamentare (ad esempio, limiti alla leva finanziaria per i conti di brokeraggio a margine

destinati a investitori individuali) introdotte in paesi come gli Stati Uniti ne hanno frenato la crescita e indotto alcune piattaforme a rivolgersi agli investitori professionali (come hedge fund di minori dimensioni). Inoltre, gli scarsi rendimenti offerti negli ultimi tempi dalle strategie più diffuse, come quelle di momentum e di carry trade, fanno ritenere che l'espansione del comparto al dettaglio possa essere diminuita.

 

1 Ad esempio, per effettuare un carry trade i piccoli investitori assumono una posizione lunga sulla coppia NZD/JPY, invece di una posizione lunga sulla coppia NZD/USD e una corta su JPY/USD.

2 L'internalizzazione è cruciale per i grandi dealer specializzati nelle principali coppie valutarie, per i quali la compensazione interna può arrivare al 75-85% delle operazioni. Per contro, il margine di internalizzazione è limitato per le piattaforme al dettaglio, che registrano flussi più modesti, prevalentemente in valute minori. In base alle indicazioni, persino una coppia valutaria liquida come GBP/USD presenta un tasso di internalizzazione del 15-20%, per cui il corrispondente valore per una coppia come JPY/ZAR dovrebbe essere molto più basso. Ciò detto, i tassi di internalizzazione possono differire ampiamente a seconda delle piattaforme al dettaglio e delle giurisdizioni, ma è improbabile che superino il 50%.